Testimonianze di lavoro a Galatina.
Vi siete chiesti perchè nel centro storico c’e’ una miriade di palazzi grandi e lussuosi? Palazzi che hanno attraversato diverse epoche dal 1400 fino al 1800, simboli senz’altro di grande ricchezza mantenuta nei secoli, con limitata presenza di famiglie nobili, ma abbondanza di ricchi borghesi particolarmente attivi nell’accumulare ricchezza. I “nuovi ricchi” erano gente che in periodi diversi erano stati bravi artigiani o commercianti che avevano viaggiato molto e lucrato di più sulla fertilità di queste contrade.
Una delle categorie più facoltose era quella dei pellettai ed affini.
L’attività della concia consisteva nel trasformare la pelle di animale in cuoio. La necessità di dover utilizzare il sale nelle varie fasi del processo di lavorazione delle pelli induceva i conciatori salentini ad immergere le pelli da lavorare in vasche, naturali o artificiali, meglio se in prossimità della località marine. Il sale dell’acqua di mare insinuandosi nell’epitelio della carcassa dell’animale irrigidiva i tessuti e li proteggeva dalla corrosione. A questo ingrediente fondamentale si aggiungeva poi l’olio di oliva, in grado di rendere la pelle pieghevole per aderire perfettamente a tutti i movimenti corporei, mentre le ghiande e la corteccia di Vallonea polverizzata si usava per facilitarne la lavorazione.
Il processo della concia aveva regole precise anche in funzione del colore del cuoio da ottenere. Per il cuoio da pelle di capra chiamato cardovano ad esempio, si sottoponeva la pelle di capra ad un bagno di acqua fredda, fino a quando i tessuti epidermici divenivano morbidi abbastanza da essere tosati da una parte e scarnificati dall’altra. Poi, per i successivi 15 giorni, ad un bagno di calce prima che la pelle di capra fosse nuovamente depilata e scarnificata con maggior cura, quindi ad un terzo bagno di crusca o schiddea (un intruglio costituito da sterco di cane e acqua) per 2, 3 ore e poi un quarto bagno di acqua tiepida +mortella (arbusto mediterraneo) per almeno 5/6 giorni. Infine una nuova scarnificazione e poi alla ingallatura, ossia al trattamento con polvere di ghiande e di corteccia di Vallonea per almeno un giorno, prima di essere esposte al sole e tinte con colori scuri. Nella cronaca del 1846 del giudice T. Vanna riguardante la città di Galatina si parla della presenza su una popolazione di circa 6400 abitanti di 35 botteghe per la concia delle pelli, 3 sellai, e 5 tintori che appartenevano alla stessa filiera. Ma per capire l’importanza di questa storia dobbiamo fare un passo indietro e tornare addirittura ad un documento del 1376 emanato dagli Orsini del balzo signori della contea di Lecce e Soleto. Nella disposizione diciamo di “salute pubblica” si fa riferimento alla lavorazione delle pelli per mano di una comunità ebraica: “li giudei, confecteri, et corvisieri, non habbiano da buttare al pubblico, acque potride, et fetide, et altre bruttezze“, obblighi imposti anche alle comunità di Soleto, Lecce e Galatina nel corso del ‘400. Questo lavoro appunto per la materia trattata ed il putridume prodotto veniva lasciato agli ebrei che all’epoca, erano considerati esseri immondi e diversi, e scacciati ingiustificatamente dai molti regnanti del sud-Italia. Questi dunque trovavano una occupazione pure redditizia ma erano relegati sempre in contrade a loro destinate (ghetti). E via Zimara a Galatina, nella parte del borgo mediovale, sembra essere stato il loro nucleo primitivo
La città di Galatina sembrava proprio il luogo ideale per questa attività particolare ma molto remunerativa. Ossia:
- Grande quantità di acqua, con innumerevoli pozzi di falda superficiale, tale che specie in inverno il secchio trovava l’acqua a 50 cm. se non addirittura l’acqua era affiorante. Questa è una caratteristica del terreno argilloso che nel sottosuolo galatinese, in particolare nel centro storico copre addirittura un lago di origine freatica
- Grandi quantità di bestiame nel suo territorio ricco di masserie all’epoca, veri centri di produzione agricola e di allevamento. Nella stessa cronaca del 1846 venivano catalogati circa 3000 pecore,300 capre, 200 vacche, 200 buoi,e solo 100 porci.
- Vicinanza territoriale ai querceti di (Cutrofiano, Supersano, Ruffano, Maglie) da dove provenivano le ghiande che trattate e macinate in polvere oltre all’ausilio della corteccia di quercia entravano nel ciclo produttivo della concia.
- Ancora più importante furono i mercati e le fiere istituite dalla famiglia Orsini del Balzo con la principessa Maria D’Enghen nel 1400, è precisamente il mercato settimanale del giovedì ancora funzionante, la fiera di S.Caterina che si svolgeva il 25 Novembre, quella della domenica successiva alla festività del Corpus Domini nel mese di Giugno, ed infine la fiera di San Giacomo che si teneva il 25 giugno e proseguiva per tutti i giovedì fino al 25 settembre. Una folta presenza di forestieri ed un altissimo numero di contrattazioni rendeva alti profitti ai conciatori locali che piazzavano la loro merce per tutta l’Italia meridionale, Roma compresa.
Oggi è completamente scomparsa questa antica attività artigianale.
Nel novembre 2017 moriva l’ultimo conciatore di pelli di Galatina, Domenico Sabella, che aveva già dismesso l’attività nel 1975 all’età di 46 anni. Molti lo ricordano nel suo grande opificio accanto alla sua abitazione in via Bianchini, dedito lui solo, alla concia del pellame vestito con il suo grembiule a chiazze marrò legato in vita.
(Gianfranco Conese)