Medaglia d’Oro al Valore Militare alla memoria
FORTUNATO CESARI
caduto eroicamente nei cieli d’Africa
Costretto ad un atterraggio di fortuna nei pressi dei laghi Margherita ed Ausa in Etiopia, il sottotenente galatinese si difese strenuamente dall’assalto di una banda di ribelli indigeni, ma venne sopraffatto e trucidato insieme al co-pilota trevigiano Francesco De Vito
(di Rosanna Verter)
Fortunato Cesari nasce a Galatina nella primavera del 1912 da Luigi e Maria Ida Albanese. Conseguita la maturità classica presso il locale liceo “Colonna”, s’iscrive alla facoltà di in-gegneria presso la Regia Università di Torino e, dopo pochi anni, a quella di giurisprudenza. Studiare per lui è una passione, ma è attratto ancor più dall’Arma Azzurra; infatti abbandona ben presto gli studi per arruolarsi in aeronautica, dopo il fallito tentativo di accedere nell’Accademia Militare.
L’8 aprile 1933 è assegnato alla scuola civile di pilotaggio e l’11 ottobre dello stesso anno consegue il brevetto di pilota di aeroplano su velivolo Ba.25. In seguito, dopo aver conse-guito quello di pilota militare su velivolo A.300/6, viene nominato Sottotenente Pilota di Complemento ed assegnato al 2° stormo Caccia Terrestre.
Il 5 ottobre 1934, durante un’importante esibizione a Milano, alla presenza del Duce e delle più alte cariche dello Stato, un velivolo, che sorvola lo spazio aereo riservato alla manifestazione, si scontra, per cause imprecisate, con quello del pilota galatinese.
Le conseguenze sarebbero state disastrose, se Fortunato Cesari, prima di lanciarsi con il paracadute, non avesse provveduto con prontezza di riflessi a spegnere il motore, facendo precipitare l’aereo in una zona ben distante dalla folla e dalla città. Per sua fortuna, il pilota riporta numerose ma non gravi ferite.
Il 16 giugno del 1935 è assegnato al “5° Stormo d’Assalto” e, dopo pochi mesi, al “4° Stor-mo Caccia Terrestre”, distinguendosi sempre per eccezionali doti di pilotaggio acroba-tico. Il 25 gennaio dell’anno successivo s’imbarca felicissimo per la Somalia, grazie al lasciapassare del duca Amedeo d’Aosta, che lo aveva conosciuto ed apprezzato durante i voli di servizio. In Africa consegue numerose altre abilitazioni, come quelle di pilota di velivoli CR.20, Ansaldo AC.3, CA.32 e quelle più importanti di IMAM Ro.1 e IMAM Ro.37bis.
In Etiopia il galatinese partecipa a trentotto azioni di guerra sui cieli di Mega, Allata, Ir-ghelein, Meta Gafersa, Arero, Uacille, Uadarà, Regione dei Laghi, e si distingue per corag-gio, per spirito di sacrificio e per le elevate qualità combattive, improntate alla spericola-tezza e all’ardimento. Il pilota ottiene la promozione, per merito straordinario, a Sottote-nente in Servizio Permanente Effettivo e il 13 giugno 1936 – Anno XIV – è autorizzato dal ministro della Regia Aeronautica a fregiarsi della medaglia commemorativa, con gladio romano, per le operazioni militari in Africa Orientale (R. D, 27 aprile 1936 – n° 1150).
Intanto la Colonna del Gen. Geloso occupa il campo di aviazione di Javello. Il sottotenente Cesari chiede ed ottiene dal Gen. Faccenda di compiere un’azione punitiva nei confronti delle bande di ribelli per onorare la memoria del suo caro amico Nino Ugoletti, caduto nel cielo di Giggica qualche giorno prima.
Con il Cesari parte anche il tenente osservatore Francesco Gaetano De Vito, da Treviso, per una missione senza ritorno. E pensare che due giorni prima il galatinese era stato costretto a rinunciare ad altre rischiose operazioni a causa di un forte raffreddore!
La partenza per la missione fatale avviene la mattina dell’8 novembre alle ore 9.00. Il RO.37, con a bordo i due intrepidi giovani, decolla per perlustrare la vasta zona dei “Laghi Margherita ed Ausa” e segnalare eventuali spostamenti e movimenti delle bande del Ras. L’azione si rivela più difficile del solito, in quanto un corposo nucleo di ribelli non esita ad aprire il fuoco contro il velivolo italiano. L’aereo, forse perché colpito al serbatoio del carburante, perde quota, rendendo necessario un atterraggio di fortuna.
Il suo mancato rientro, previsto per mezzogiorno, getta nell’angoscia più nera amici e militari, che cominciano a presagire una disgrazia. Senza alcun indugio, il Comando Aereo dà disposizioni, affinché la zona dei Laghi venga accuratamente ispezionata. Molti aerei si alzano in volo alla ricerca dei due piloti, ma senza alcun esito. Ormai si vivono giorni di trepidazione. A distanza di mezzo mese, si presenta al Comando della Colonna Geloso l’ungherese Bartelemy Holnso, che, dopo un’estenuante marcia di sei giorni, porta la notizia dell’atroce fine dei due eroi e consegna un piccolo pezzo dell’ala superiore dell’aereo italiano. L’uomo racconta anche che il rottame gli è stato consegnato da alcuni indigeni Sadam, presenti all’atterraggio del velivolo, i quali gli riferiscono ogni particolare della disgrazia.
Si apprende, quindi, che il ROMEO.37, raggiunto da una raffica di mitragliatrice, è colpito in una parte essenziale del motore. Dal racconto dell’ungherese si viene a sapere che il ve-livolo fu scorto ad elica ferma, mentre il pilota cercava un pianoro su cui effettuare un atterraggio di fortuna. Il volo a motore spento era stato notato da numerosi ribelli, che, raggruppandosi, ne segui-vano la rotta. Mentre il pilota tentava di planare in prossimità di una palude, l’osservatore trevigiano metteva in funzione le mitragliatrici indirizzando il fuoco verso il gruppo, che andava via via aumentando di numero. Nell’atterraggio, per le asperità del terreno, l’aeroplano cappottava proiet-tando fuori dalla carlinga il tenente De Vito, che rimaneva a terra gravemente ferito. Il pilota, anch’esso ferito, riusciva ad imbracciare il moschetto mitragliatore ed apriva il fuoco contro gli assa-litori. Ma la situazione del sottotenente Cesari, che aveva posto il camerata dietro la sua persona, si rendeva criticissima per il forte numero degli attaccanti. Esaurite le munizioni che aveva accanto a sè, cadeva ucciso, dopo essere stato più volte colpito. La sparatoria aveva richiamato altri gruppi di ribelli guidati dal Barambaras Asciagarì, fra cui numerose donne. Appropriatisi delle armi, munizioni, strumenti e dei documenti l’apparecchio fu distrutto fra le urla selvagge della turba. (Dall’articolo apparso su “Il Popolo d’Italia” del 10.12 1936).
In seguito, i resti dei due corpi, pietosamente raccolti in piccole bare, sono deposti in un monumento-sacello ricavato da un termitaio sul grande campo di Irgalem.
Nell’apprendere la notizia, Benito Mussolini ordina una dura rappresaglia, mettendo an-che una taglia su Barambaras Asciagarì, responsabile di quella barbarie.
Dopo pochi mesi, il Generale di Brigata Aerea, Ettore Faccenda, avanza alle autorità com-petenti una proposta di assegnazione di medaglia d’oro al valor militare alla memoria di Fortunato Cesari, che viene immediatamente accettata e consegnata in Roma il 4 aprile 1937- XV -, con la seguente motivazione: “Ardito pilota da ricognizione strategica, costretto ad atterrare fra nuclei ribelli, durante un volo di ricognizione a grande raggio, riusciva, nonostante ferito nel violento rovesciamento dell’apparecchio, a rimettersi in piedi per correre in difesa dell’osservatore proiettato lontano e in gravi condizioni.
Solo, contro la turba selvaggia dei ribelli, difendeva strenuamente col fuoco il compagno esanime fino a quando, crivellato dai proiettili, cadeva dividendo con lui la gloria del martirio.
Magnifico esponente delle più alte virtù della razza.
Cielo di Uassa, 8 novembre 1936 – XV.
Il 9 maggio 1937, il Magnifico Rettore della Regia Università di Torino, prof. Silvio Pivano, alle presenza delle più alte autorità dello Stato, conferisce la laurea Honoris Causa in Giurisprudenza al sottotenente Fortunato Cesari. Il nome del nostro eroe, unitamente ai nomi di Francesco Azzi (medaglia d’oro), Ernesto Beltramo e Renato Pellati (medaglie d’argento), studenti caduti in Africa Orientale, è inciso sulla pietra posta nell’aula magna del Politecnico torinese ad eterno ricordo.
La Società Operaia di Galatina, in occasione del suo cinquantottesimo anniversario, ha po-sto nella propria sede una lapide dedicata all’eroe galatinese, con la seguente epigrafe:
S. Tenente Pilota
Fortunato Cesari
Medaglia d’Oro dell’Impero
Qui
Nella esaltazione della Patria
Ovunque
Nel mondo dello spirito
Presente
Anno XV
Galatina, fiera ed orgogliosa di questo suo figlio, il cui esempio nessuno può e deve di-menticare, gli ha dedicato, oltre ad una piazza, una lapide, opera del gruppo Gre.Far (che attualmente versa in pessimo stato di conservazione) e l’Aeroporto Militare, oggi Scuola di Volo Basico Iniziale del 61° Stormo.
In conclusione, la scrivente propone alle autorità cittadine di bandire un concorso per rea-lizzare una statua, bronzea o marmorea, dell’eroe galatinese da collocare possibilmente nello spazioso Largo Tevere. E’ un’idea. Facite vobis.
Sottotenente Fortunato Cesari: …PRESENTE!